RUBRICULT: CHE STRANO CHIAMARSI FEDERICO

CHE STRANO CHIAMARSI FEDERICO: FELLINI, TRA ORIGINI E ORIGINALITA'

‘Che strano chiamarsi Federico’ rappresenta un affettuoso ritratto di Federico Fellini, magistrale regista con cui Ettore Scola ha condiviso parte della scena cinematografica italiana.

Federico Fellini è stato senza dubbio uno dei più grandi registi italiani di sempre: se le sue pellicole sono certamente diventate pietre miliari del cinema nostrano, ebbe uno straordinario successo anche all’estero. I numerosi e prestigiosi premi internazionali che collezionò sono testimonianza di una carriera eccezionale, culminata con l’Oscar onorifico del 1993. Le sue pellicole hanno influenzato i registi di tutto il mondo: Ettore Scola, autore di Che strano chiamarsi Federico, è tra i pochi fortunati che hanno avuto modo di frequentarlo nella vita privata, assistendo alla genesi del suo processo creativo. La pellicola è sostanzialmente la narrazione ammirata di un amico e allievo: offre, pertanto, spunti inaspettati per approfondire i capolavori di Fellini.

L'incontro tra Federico ed Ettore

I due si conoscono nella fucina del Marc’Aurelio, giornale satirico attivo a cavallo della seconda guerra mondiale. Scola subentra a Fellini nella gestione di alcune rubriche del periodico: entra come stagista, esattamente come il suo mentore pochi anni prima di dedicarsi al mondo del cinema.

Entrambi i protagonisti hanno vissuto il clima ingegnoso e goliardico del giornale, durante i brainstorming per decidere la migliore vignetta o nella redazione di fantasiose rubriche. E questo risulterà ben presto un momento fondamentale per la formazione artistica dei due registi.

Nasce una profonda amicizia che li porterà a condividere sia la scena cinematografica italiana che momenti più intimi di ricerca dell’ispirazione. Sono soliti, infatti, girovagare di notte per le strade di Roma in auto, offrendo passaggi a prostitute, artisti di strada e chiunque fosse disposto a condividere la propria storia.

L'omaggio di Scola

La pellicola di Scola non è solamente una ricostruzione semi-autobiografica della vita di Fellini: il suo obiettivo sembra essere innanzitutto quello di omaggiarlo. In Che strano chiamarsi Federico, infatti, sono inseriti diversi spezzoni del regista romagnolo, oltre ad alcune chicche: tra queste, il triplice provino per Il Casanova da parte di Sordi, Tognazzi e Gassman, attori che entrambi i registi scritturarono a turno.

Il vero tributo di Scola non poteva non includere la regia, creativa e frizzante. La narrazione è costituita da lunghi piani sequenza girati in studio e accompagnati da un narratore che si rivolge direttamente al pubblico, spezzando spesso la finzione narrativa. Anche quando la scena sembra essere girata all’aperto, Scola rompe l’illusione, facendo apparire le quinte con un gioco di luci solo apparentemente maldestro. Era proprio questa, del resto, la dimensione del suo maestro: il famoso Teatro 5 di Cinecittà, luogo dove videro le luci i suoi principali capolavori.

Fellini e l'Italia

Lo studio diventa un microcosmo dell’Italia, dove il regista racconta le sfaccettature del Paese, ma anche dove atteggiamenti, tradizioni e folklore diventano icona. Le sue opere presentano peraltro molteplici riferimenti autobiografici e con l’aiuto di Scola lo spettatore può comprenderne pienamente la portata. Sono senza dubbio Rimini e Roma le protagoniste indiscusse dei suoi film, nei quali, con il suo stile introspettivo e onirico, ha dipinto realtà diametralmente opposte. Dalle vicissitudini de La strada alle atmosfere scanzonate de La dolce vita, Fellini ha creato delle indimenticabili istantanee di storia italiana, dipingendo i suoi personaggi a volte come elementi di una vignetta, altre come caricature di sé stessi.

Sebbene sia impossibile ricondurlo ad una sola caratteristica, è probabilmente questo uno dei meriti del cinema felliniano. Del resto, come lo stesso regista era solito ironizzare, è difficile dire cosa questo aggettivo significhi esattamente.