CONSIGLI PUBBLICINEMARI: LA MARCIA SU ROMA

LA MARCIA SU ROMA, OGGI: NON E' PIU' IL TEMPO DI RIDERE

Come fosse una bizzarra celebrazione, a cento anni dalla Marcia su Roma la parola “fascismo” è oggi sulla bocca di tutti. Ma se all’epoca del film di Dino Risi si poteva sorridere dei drammi storici, adesso sembra non essere più il caso.

Erano anni felici, gli anni Sessanta. Anni in cui il progresso economico, la crescita, la spensieratezza diffusa permettevano di sorridere e ironizzare – sempre con intento critico o satirico – anche su eventi drammatici come la Marcia su Roma.

Nei decenni successivi il tono diventerà invece più amaro, finanche più drammatico (per un confronto, puoi leggere il nostro articolo relativo al film In nome del popolo italiano, sempre con la coppia Gassman/Tognazzi), per poi creare una spaccatura sempre più marcata – salvo rare occasioni – tra comicità e dramma storico/sociale.

La domanda che allora ci poniamo è: un film come La marcia su Roma potrebbe essere girato e “funzionare” oggi?

Ma partiamo proprio dalla pellicola.

La marcia su Roma- il film

Nel primo dopoguerra, il tutt’altro che glorioso ex combattente Domenico Rocchetti (Vittorio Gassman) vaga per le strade di Milano cercando di impietosire i passanti per racimolare qualcosa e “tirare a campare”. Un giorno si imbatte casualmente in un suo ex ufficiale, il quale gli propone di iscriversi al neonato Partito Nazionale Fascista, che promette una svolta rispetto alle condizioni di miseria in cui versa la nazione, oltre che lo stesso Rocchetti. Così accetta, partecipando ai fallimentari comizi di paese. In uno di questi, per scappare dalla furia di un gruppo di socialisti, si rifugia in una stalla, dove incontra Umberto Gavazza, un suo ex commilitone (Ugo Tognazzi). Insieme si lasceranno affascinare dal fascismo e dalle relative promesse, fino a prendere parte a una tragicomica Marcia su Roma, che rivelerà l’essenza menzognera e violenta del movimento squadrista.

Un quadro storico tracciato con intelligenza

La marcia su Roma non è, probabilmente tra i film più brillanti di Dino Risi, però ha il grande merito di offrire uno scorcio di un preciso momento della Storia d’Italia, connotandolo con ironia e sarcasmo – nella prima parte – e con drammaticità – in quella finale. Individua la miseria diffusa scaturita dal primo conflitto mondiale, seppur vinto; una classe militare che intravede nel fascismo una nuova possibilità di potere; la classe contadina che spera di spezzare il dominio dei latifondisti e, allo stesso tempo, l’appoggio di questi ultimi alla nuova forza politica; la mancata resistenza – se non compiacenza – del regime all’ascesa di Mussolini; lo scontro cruento tra gruppi socialisti e fascisti, fino alla violenza squadrista.

E ne tocca i temi nella scena più forte del film, in cui il magistrato, accettando consapevolmente la morte, parla di fanatismo, di inganno dell’amor patrio, di uniformità di pensiero, di libertà fittizia e schiavitù reale.

La pellicola incarna, dunque, un preciso periodo storico. Lo fa con attenzione e intelligenza, sebbene non con piena fedeltà, come d’altronde è ovvio non possa fare una commedia.

Fascismo "parlato" ed effettivo, oggi

A 100 anni esatti dalla Marcia su Roma – quella vera – la parola “fascismo” oggigiorno riecheggia più che mai, come fosse una sorta di paradossale celebrazione proprio dell’infausta ricorrenza. Da più parti si urla al “pericolo fascista”. Ma è veramente così?

Probabilmente no da un punto di vista meramente politico; probabilmente sì se analizziamo la tendenza all’autoritarismo che sta piegando le democrazie di tutto il mondo, compreso quelle occidentali.

 

La storia non si ripete mai uguale. Quasi certamente non si verificherà più il modello di fascismo vissuto dai nostri padri e antenati. Sono però gli istinti umani e sociali – di potere, di violenza, di controllo – a rimanere latenti nel tempo e a emergere in particolari situazioni storiche, esprimendosi di volta in volta in forme e modalità differenti.

Oggi, per esempio, serpeggia dietro la maschera apparente delle democrazie moderne una spinta all’accentramento dei poteri, un inedito autoritarismo sovranazionale, un’indifferenza verso la popolazione (che risponde astenendosi dal voto – altro sintomo di fallimento della democrazia). Soffiano in tutto il mondo venti totalitaristi, che si evidenziano in particolare – come sempre accaduto nella Storia – nell’annullamento delle opposizioni, nel controllo dei mezzi di comunicazione, nei colpi duri inferti alla libertà di stampa e di parola (da Naval’nyj ad Assange), nel restringimento dei diritti umani (è avvenuto in questi ultimi anni: per necessità, ma è avvenuto), nelle forzature governative.

 

Tutto ciò avviene in un periodo di estrema difficoltà economica, lavorativa, energetica, bellica: esattamente le condizioni più fertili per il dilagare dell’aggressività e per l’istinto popolare di appoggiarsi agli “uomini forti”.

Non sta tornando il fascismo – né in Italia né altrove –, ma senza dubbio non c’è più niente da ridere.

Nascerebbe oggi il film?

Torniamo così all’interrogativo posto a inizio articolo: una pellicola come La marcia su Roma potrebbe venire girata oggi?

Probabilmente no. Naufragati nel politicamente corretto e inclini alla polemica futile, oggi un film come questo verrebbe probabilmente malvisto. È cambiata la società, è cambiato l’atteggiamento, è cambiata la sensibilità.

Soprattutto, è venuta meno quella spensieratezza che il progresso e il benessere degli anni Sessanta aveva donato alle persone. E, di conseguenza, anche la capacità di poter guardare indietro e osservare il proprio passato senza cancellarlo, ma analizzandolo con intelligenza, arguzia e – perché no – anche un pizzico di ironia e sarcasmo.

Perché il modo migliore per non ripetere il passato è conoscerlo, conoscerne gli errori e riconoscerne le nuove sembianze.