RUBRICULT: ADRIANO OLIVETTI – LA FORZA DI UN SOGNO

L'UTOPIA POSSIBILE DI ADRIANO OLIVETTI

Adriano Olivetti – La forza di un sogno, miniserie Rai in due puntate, ricostruisce la vita del visionario ingegnere canavese fautore di un rivoluzionario modello di impresa.

In molti hanno provato a definire l’intrigante opera di Adriano Olivetti. La descrizione più affascinante, e probabilmente anche la più efficace, è quella di Utopia possibile: la creazione di un nuovo paradigma di società-comunità nel quale le migliori condizioni offerte al lavoratore si traducano in un aumento della produttività, conciliando benessere e sviluppo economico.
A questa narrazione, seppur efficace, occorre aggiungere un elemento fondamentale che accompagnava il pensiero del manager piemontese: il semplice quanto efficace perseguimento della bellezza, secondo un orientamento culturale imbevuto di tradizione umanistica. Creare un ambiente di lavoro sereno e godibile viene per la prima volta considerato un presupposto per la realizzazione di un prodotto superiore. Da qui, l’innalzamento del salario, la riduzione dell’orario di lavoro, l’allungamento del congedo di maternità. Ma anche la creazione di biblioteche, asili nido, teatri, spazi ricreativi e culturali per i propri dipendenti, non più considerati solo il surrogato di una macchina.

Un pensiero moderno

Se pensiamo al tempo presente, i concetti di work-life balance sono al centro del dibattito lavoristico. Le più prestigiose e ambite aziende del mondo sposano questa propensione ad arricchire gli spazi lavorativi con ambienti pensati a misura d’uomo. Sebbene l’industriale piemontese sia morto nel lontano 1960, è impossibile non riconoscere la modernità delle sue teorie, capaci di travalicare il tempo.
Recentemente, persino Papa Francesco ha suggerito la figura di Olivetti come una fonte di ispirazione per il mondo dell’imprenditoria. Nell’annuale raduno con gli industriali italiani ha, infatti, invitato a seguire l’esempio del loro illustre predecessore (Clicca qui per leggere l’articolo).

La rappresentazione cinematografica

Il ritratto che viene offerto dalla pellicola del regista Mattia Soavi è quello di una persona poliedrica, instancabilmente votata alla realizzazione di un nuovo modello di impresa.

Scopriamo che la grandezza del protagonista fu quella di vestire non solamente i panni dell’industriale, ma anche quelli di intellettuale, scrittore, editore, filantropo e, secondo alcuni, addirittura filosofo.

 

L’interpretazione offerta da Zingaretti è, peraltro, estremamente efficace: il versatile attore romano rappresenta un personaggio amabile e determinato, il cui tratto distintivo è il sorriso, carico di umanità, vitalità e speranza. Lo spettatore non può non rimanerne affascinato e ciò contribuisce enormemente all’obiettivo della pellicola: avvicinare il pubblico a questa figura, meritevole di essere conosciuta e studiata.

 

Dal punto di vista registico è, peraltro, sicuramente curiosa la scelta della sceneggiatura in lingua italiana anziché in dialetto canavese o, al limite, un più accessibile accento piemontese. La motivazione è, forse, da ricercare nella necessità di non ancorare eccessivamente la figura di Olivetti ad un limitato, seppur fondamentale, contesto geografico.

La centralità del territorio

Nella sua instancabile rincorsa all’equità e alla giustizia sociale, l’imprenditore piemontese ambisce a esportare il successo dell’esperimento locale in tutta Italia. Proprio in questo senso bisogna interpretare la creazione della fabbrica a Pozzuoli e la discesa in politica nei primi anni Cinquanta.
Certo è che il legame con il territorio canavese è sempre stato assolutamente imprescindibile. La fabbrica non deve essere una realtà avulsa dal contesto sociale: al contrario, il luogo di lavoro vive il territorio e, se necessario, deve potersi adeguare a esso. Per questo, Olivetti promosse anche politiche di finanziamento alle aziende agricole locali, scoraggiando il rischio di un abbandono delle campagne. La sua filosofia non concepisce un progresso solamente settoriale. Al contrario, esso deve permeare l’intero contesto sociale. L’obiettivo diventa evitare che il successo di un’azienda possa fagocitare la vitalità del territorio in cui tale realtà si sviluppa.
Sotto tale punto di vista, l’entrata di Ivrea nell’elenco dei siti Patrimonio dell’Unesco come Città Industriale del XX secolo, avvenuta il 1° giugno del 2018, è probabilmente la più importante prova del successo della sua filosofia.

Le idee di Olivetti, sociali più che socialiste, comunitarie anziché comuniste, presentano senza dubbio degli elementi utopistici, ma la portata delle sue innovazioni ha avuto degli effetti incredibilmente concreti.
Una conferma inequivocabile di come un’utopia rimanga tale solo fino a quando qualcuno decide di non arrendersi allo status quo ma di trasformarla in realtà.