RUBRICULT: FABRIZIO DE ANDRE’ – PRINCIPE LIBERO

GENOVA, MUSA ISPIRATRICE DI UN ARTISTA NON CONVENZIONALE

Fabrizio De André – Principe Libero ripercorre la vita del cantautore ligure tratteggiando un ritratto dell’artista, dell’uomo e dei territori che lo hanno influenzato.

Chi ama la musica italiana conosce certamente Fabrizio De André. I suoi dischi e i suoi brani più celebri – divenuti ormai opere immortali – rappresentano la massima espressione dello straordinario percorso di vita e artistico compiuto dal cantautore. Tra i molti film che sono riusciti a raccontare questo percorso spicca Fabrizio De André – Principe Libero, diretto da Luca Facchini, uscito nelle sale a gennaio 2018 e disponibile ora su Rai Play come mini-serie in due puntate.

La pellicola racconta proprio, a partire dagli anni dell’adolescenza, il percorso biografico di Faber: la giovinezza, l’altalenante rapporto con il padre, i primi spettacoli insieme all’amico Paolo Villaggio, la definitiva consacrazione, ma anche la genesi dell’ideologia anarchica fortemente introspettiva e poco politica, definita saggiamente come “Darsi delle regole prima che te le diano gli altri”.

La prima parte del film pone Genova al centro della narrazione: lo spettatore segue il protagonista attraverso gli anfratti nascosti della città, nelle osterie e nei bordelli, ambienti estremamente lontani dall’estrazione borghese da cui proviene. È proprio in questi luoghi celati, tra gli ultimi e i dimenticati, che Fabrizio trova personaggi e storie da raccontare. La canzone di Marinella (1964) ne è un chiaro esempio: la notizia del tragico omicidio di una prostituta aveva sconvolto profondamente De André che decise di celebrarla nel brano che lo consacrerà come artista di fama nazionale, grazie anche alla complicità di Mina.

L’indissolubile legame dell’artista con la città ligure viene descritto intrecciando espedienti narrativi, a tratti teneramente romanzati, alla genesi di alcune delle sue canzoni più rappresentative. 

In primo luogo, raccontando le notti brave del protagonista: in questo senso, La città vecchia (1965) diventa quasi una cronaca della dissipata vita notturna lungo i sobborghi di Genova.
Ma c’è spazio anche per un approccio più delicato, mediante velate strizzatine d’occhio agli spettatori più attenti. Un esempio tra tutti è costituito dalla scena del risveglio di Fabrizio, dopo una notte di bagordi, tra i richiami delle venditrici del mercato ittico di Piazza Cavour: le stesse voci omaggiate dal cantautore nella canzone Creuza de mä dell’omonimo album del 1984, recitato, non a caso, interamente nel dialetto locale.

La pellicola riesce, così, a delineare perfettamente il ritratto della città ligure come fertilissima fucina di artisti: qui vide la luce la cosiddetta Scuola genovese, movimento culturale e artistico degli anni Sessanta nel quale si formarono cantautori del calibro di Luigi Tenco, Gino Paoli, Umberto Bindi e, ovviamente, De André.

Ma la città natale non è l’unico territorio che lascia un segno nella vita del cantautore: miglia marine più in là, in Sardegna, ben presto Faber si innamora della Gallura che, sebbene teatro del sequestro di persona subìto nel 1979, considererà per tutta la vita “un autentico paradiso”. Due anni dopo, addirittura, arriverà a comporre un intero album (L’indiano, 1981) dedicato alla Sardegna, con il quale, lungi dal covare rancore per il luogo della terribile esperienza, ne celebra gli aspetti più intimi e profondi.

Una menzione particolare merita sicuramente Luca Marinelli, straordinario anche per la somiglianza nella gestualità e nella voce. La sua interpretazione ha dato la possibilità a coloro che, come il sottoscritto, vivono nell’incolpevole rimpianto di non aver mai assistito ad un concerto di De André, di emozionarsi, almeno per una volta, di fronte al suo genio.

 

La pellicola è riuscita a ritrarre al meglio l’ambivalente natura del personaggio: da un lato l’uomo – appassionato, temerario, ma non immune da difetti e contraddizioni; dall’altro l’artista – innovativo, alla ricerca del dimenticato e dell’invisibile, desideroso di non percorrere strade già battute e di posare il proprio sguardo lontano da quello di chiunque altro.