FANTASIE ECOLOGICHE: IL LUNGO VIAGGIO DI DUNE

DA LYNCH A VILLENEUVE: IL LUNGO VIAGGIO DI DUNE

Il film appena giunto nelle sale è solo l’ultima trasposizione della saga di Herbert. Ripercorriamo allora il viaggio cinematografico di Dune, tra tentativi falliti, opere autoriali e serie televisive.

La saga di Frank Herbert ha una lunga storia, che a partire dall’ambito letterario originale si sviluppa su diversi canali e livelli narrativi. Dune è stato infatti oggetto di numerose trasposizioni cinematografiche e concepito in diversi modi: come opera unica, come opera singola per ogni singolo libro, come videogioco, come colonna sonora…

È difficile – lo è sempre stato – definire la saga di Herbert, che rappresenta un mondo e un modo di fare letteratura che ancora oggi è di ispirazione per il filone della narrativa fantascientifica. Basti pensare a quanto Dune abbia influenzato l’immaginario fantascientifico, a partire da Guerre stellari.

Fino al 1984, tutti i tentativi di trasporre l’opera di Herbert erano regolarmente falliti, a partire dal progetto di Alejandro Jodorowsky che aveva coinvolto diversi artisti famosi, convincendo persino Salvador Dalì a interpretare il ruolo dell’imperatore e Orson Welles quello del barone Vladimir Harkonnen. Progetto di straordinaria e visionaria ambizione, con cui Jodorowsky avrebbe voluto cambiare per sempre non solo la storia del cinema, ma lo sguardo stesso dello spettatore, nonché la sua percezione. Il più particolare, il più rimpianto, il più influente, eppure mai realizzato. La sua storia è stata riassunta da un bel documentario del 2013 diretto da Frank Pavich che si chiama Jodorowsky’s Dune, e che proprio in queste settimane estive è stato proiettato come anteprima nelle sale italiane da Wanted Cinema in collaborazione con Valmyn.

È stato invece il produttore Dino De Laurentiis a trasporre per la prima volta Dune. Scelse David Lynch che, dopo aver rifiutato la regia de Il ritorno dello Jedi, terzo episodio della saga di Star Wars, si cimentò per la prima volta in un film di fantascienza, occupandosi anche della sceneggiatura, in collaborazione con lo stesso Frank Herbert.

Impiegò tre anni per studiare il look insieme allo scenografo Anthony Masters (2001: Odissea nello spazio); un anno di lavorazione negli studios di Città del Messico con quattro troupe diverse in 75 set con oltre 600 persone; 6 mesi per le riprese con gli attori e 6 mesi di post-produzione per gli effetti speciali.

Costò circa 45 milioni di dollari e per molti anni verrà considerata una delle produzioni più spettacolari e dispendiose nella storia del cinema.

E ancora, lo storyboard del film, il suo impianto visivo, il look dei personaggi, tratteggiati da Moebius, uno dei più grandi maestri dell’arte del fumetto; navi spaziali disegnate da Chris Foss, celebre illustratore di fantascienza; il mondo degli Harkonnen partorito dalla fantasia di H.R. Giger; effetti speciali creati da Dan O’Bannon (che di lì a poco finirà con lo scrivere Alien); i Pink Floyd e i Magma coinvolti sul fronte musicale. 

Qualcosa di epico anche solo a immaginarlo.

La trama è molto articolata – sebbene meno dettagliata di quella di Villeneuve – e cerca di raccontare più di un libro, rendendone la percezione più complicata. Un film che rappresenta senz’altro una perla della fantascienza e delle riflessioni etiche, economiche e politiche, a cui ognuno dovrebbe prestare attenzione.

Lynch ha realizzato un film d’autore, enigmatico che si sviluppa in maniera geniale. Tuttavia, quella pellicola ancora oggi ha una considerazione che oscilla tra il cult e il flop.

Lo stesso regista ha dichiarato di non voler avere più niente a che fare con questo film, in quanto non ha avuto nessun controllo sul montaggio. Lo studio di produzione, la Universal Pictures, ha compiuto degli importanti tagli, riducendo la durata originale a 2 ore e 15 minuti. Il risultato è un film confusionario con una sceneggiatura debole intrisa di lunghi monologhi che peccano talvolta di insensatezza e scene di battaglia che sembrano sconnesse tra loro.

Qualcosa che invece non si riscontra per nulla con gli interni, le scenografie e le musiche, curate e di valore.

 

Nel 2000, ci fu un nuovo tentativo di trasporre questo ciclo: Il destino dell’universo, una miniserie divisa in tre parti e prodotta per la TV via cavo, su Sci-Fi Channel, per una durata complessiva di 273 minuti.

“Noi siamo i Fremen. Viviamo da sempre nel deserto, nomadi, sfidando i venti di un arido pianeta inospitale dove è però prodotta la più grande tra le ricchezze dell’universo conosciuto: la Spezia. Senza la Spezia, la Gilda spaziale non riuscirebbe a spostare le immense navi nella galassia alla velocità del pensiero. Senza la Spezia, l’impero stesso cesserebbe di esistere!
La Spezia, per sorte singolare, si trova solo su questo pianeta che noi chiamiamo Dune. Chi controlla Dune, controlla la Spezia.

[…]
Chi controlla Dune, controlla l’universo”.

La prima parte si intitola Dune, la seconda Muad’dib, la terza Il profeta.

Già la trasposizione di Lynch si muoveva precisamente su questi tre filoni, ma in quel caso erano condensati in un’unica narrazione, in un unico film.

La miniserie punta invece su scene e dialoghi, tanto che anche i monologhi interiori, caratteristica importante nel libro, non sono resi come voce fuori campo, ma tradotti nei dialoghi, a differenza della versione di Lynch.

Le scene sono state girate a Praga, all’interno di studios insonorizzati. La fotografia è stata curata dal pluripremiato Vittorio Storaro, che utilizzò la luce e i colori in senso fortemente espressivo: la luce muta all’improvviso sui volti dei protagonisti, i forti colori sottolineano o contrappongono i vari momenti del film e i diversi personaggi (rosso vivo per i sanguinari e violenti Harkonnen, blu per gli Atreides, verde per i Fremen).

Le scenografie sono state realizzate da Miljen Krjakovic, che scelse di utilizzare enormi gigantografie (75×10 metri) per il deserto invece di sfondi virtuali. I mezzi volanti e i vermi delle sabbie sono stati realizzati invece con la CGI.

Della serie Dune è stato girato anche un seguito: I figli di Dune, nel 2003, che continua a percorrere la saga di Herbert, cambiando parte del cast ma mantenendo l’attore protagonista Alec Newman (Paul Atreides).  

Sempre trasmessa su Sci-Fi Channel dal 16 marzo 2003, e in seguito doppiata anche in italiano, la miniserie è stata diretta da Greg Yaitanes

Esistono delle evidenti differenze tra le varie trasposizioni, ma l’anima più pura e tradizionale del materiale originale è stata riprodotta sempre con rigore e attenzione. Tuttavia, quella più fedele è certamente l’opera di Villeneuve, appena arrivata al cinema (clicca qui per leggere la nostra recensione) e di cui è stato annunciato il seguito proprio pochi giorni fa.

In un’intervista al Festival di Venezia e in una dichiarazione a Variety, Villeneuve (autore di Blade Runner 2047) ha affermato che:

«Non è che Dune sia ancora rilevante, è ancora più rilevante oggi di ieri. I temi che Herbert ha esplorato quando ha scritto il romanzo negli anni ’60 (l’impatto del colonialismo, lo sfruttamento delle risorse naturali, il pericolo di mescolare politica e religione, l’emergere di figure messianiche…) sono più presenti nella società in cui viviamo».

Dune è attualità, in chiave fantascientifica.